Interrogarsi sul senso e significato del giocare

Prima di proporre ai bambini l’esperienza immersiva in un paesaggio invernale, le insegnanti hanno sperimentato e giocato nello spazio allestito.

L’ambiente è il terzo educatore, scriveva il pedagogista Loris Malaguzzi.

Un piccolo gruppo di insegnanti ha allestito uno spazio per offrire ai bambini un’esperienza immersiva in un paesaggio invernale. Il bianco un po’ dappertutto, musica in sottofondo (Des pas sur la neige di Debussy), luce soffusa, materiali di diverse consistenze e temperature, una pluralità di materiali destrutturati, angoli con stimoli differenti. È stato necessario provare a pensare “lo spazio dal punto di vista del bambino, tenendo conto della sua altezza, delle posizioni che assume – i piccoli sono spesso a terra o sdraiati – affinché tutti siano a proprio agio e possano essere attivi ed esplorativi ma anche concentrarsi o riposare in tranquillità”. (Orientamenti Nazionali per i Servizi Educativi per l’Infanzia)

Ci siamo chieste: “Cosa succede quando prepariamo uno spazio per i bambini?”

Prima di lasciare lo spazio a disposizione dei bambini, abbiamo deciso di sperimentarlo noi docenti.

Come avrebbero reagito i bambini entrando in quella stanza trasformata? Come si sarebbero sentiti? Come avrebbero giocato con le diverse suggestioni? Quali materiali avrebbero attirato la loro attenzione? Come avrebbero interagito tra loro?

È fondamentale sapersi interrogare sul senso e significato del giocare. Per provare a rispondere a queste domande abbiamo tolto calze e scarpe (e già questa proposta è stata una sfida) e semplicemente abbiamo iniziato a giocare. Senza alcuna indicazione, così come l’esperienza sarebbe stata proposta ai bambini. In una compenetrazione della pratica di ricerca e di quella formativa.

All’inizio c’era un po’ di impaccio, un po’ di ansia da prestazione, la ricerca del “giusto” e dello “sbagliato”. Qualcuna ha chiesto: “Cosa dobbiamo fare?” , “Questo si fa con le mani o con i piedi?”, “Ma dobbiamo camminare?” Queste domande (che non hanno risposta perché non c’è nulla di prescrittivo nella proposta) ci hanno consentito anche di pensare a come rispondere nel momento in cui dovessero essere i bambini a porcele. L’adulto è partecipante, ma anche regista e guida.

La proposta molto poco strutturata ci richiede di tornare un po’ bambine, di apprezzare la libertà e le possibilità che si aprono di fronte a noi. Ma tutto questo rende necessario uno sforzo, bisogna lasciare andare le proprie difese, mettere da parte i preconcetti e i pregiudizi, riscoprire l’ovvio e il consueto,  lasciarsi chiamare e interrogare dai materiali che incontriamo così che quell’incontro possa essere interessante e vero.

Ci rendiamo conto che un contesto educante è tale quando è anche sfidante perché favorisce forme di pensiero e di esperienza complesse.

Dopo un primo momento, le resistenze si sono allentate e semplicemente ci siamo lasciate condurre dal percorso e dai materiali. È emersa soprattutto l’atmosfera rilassante e sono state apprezzate le proposte di manipolazione. Alcuni stimoli sono stati usati in maniera alternativa rispetto a quanto si era pensato in fase progettuale. Si sono delineate preferenze personali e ritrosie. Proprio così abbiamo scoperto che eravamo libere di soffermarci su ciò che più ci interessava, di evitare stimoli a noi sgraditi, di tornare sulle proposte che percepivamo come più accoglienti. Mentre giocavamo ci siamo guardate tanto, percependo che guardare l’altra, riprodurre quanto l’altra stava facendo non era un “copiare” nell’accezione negativa che spesso questo termine assume. Piuttosto si trattava di sperimentare quanto la creatività dell’altra aveva fatto emergere, di esperire modalità di approccio ai materiali differenti dalle proprie, accogliere il punto di vista dell’altro, modularlo secondo le proprie attitudini, arricchirlo in una co-costruzione generativa.

Abbiamo operato un po’ come delle antropologhe: un gruppo ha preparato un setting e poi siamo rimaste in osservazione di come ci siamo relazionate a quegli strumenti, ognuna ha osservato se stessa, ma anche l’altra e il gruppo. È stata quindi una vera e propria occasione di ricerca e approfondimento.

A conclusione di questa esperienza, il gruppo ha deciso di lasciare la proposta allestita per un tempo più lungo di quanto inizialmente previsto in modo che tutti i bambini avessero l’occasione di frequentare questo spazio in più momenti.

Avere sperimentato la proposta tra adulti prima di presentarla ai bambini ci ha permesso di notare dei limiti (come la presenza di poco ghiaccio) e delle risorse inaspettate, talvolta derivanti solo dal caso, come l’apprezzamento della presenza di teli di diverse consistenze a terra, scelta però operata solo in virtù della disponibilità di materiale.

Inoltre questa esperienza ci ha permesso di conoscerci meglio, di stare a contatto con le altre in una dimensione più ludica rispetto a quanto siamo abituate a fare. Per questo è stata anche un’occasione formativa per il gruppo di lavoro.

Luoghi

Infanzia Papa Giovanni XXIII

Piazza Papa Giovanni XXIII, 20094 Corsico MI, Italy

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